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La via della Seta da nord a sud e il Kyrgikstan. Shahrisabz, la città di Tamerlano.


Il quinto giorno riprendiamo il viaggio e decidiamo di fare una piccola deviazione, prima di arrivare a Samarcanda: Shahrisabz. Sicuramente, il nome non vi dirà nulla, come non diceva nulla a me, ma, grazie alla vecchia biografia su Tamerlano acquistata prima di partire, ho scoperto che Shahrisabz era la sua città natale, chiamata anche città verde. Fortunatamente, dista da Samarcanda solo un paio di ore e ci si passa vicinissimo arrivando da Bukhara, per cui: perché non fermarcisi una notte? Il tassista, ci lascia alla porta della città e scende con noi per darci una mano con la ricerca di un posto per la notte. Per fortuna, la ricerca si conclude velocemente, visto che eravamo arrivate verso l’ora di pranzo e la temperatura era quasi di 50°C!

Posiamo i bagagli in camera, ci riposiamo un paio di ore per aspettare che il caldo diventi più sopportabile, e usciamo in esplorazione.

La città non offre molto, ma, per me, è valsa la visita per le incredibili esperienze fatte e che ora vi racconterò.Premetto che a Laura il posto non è piaciuto per niente, quindi lascerò a voi decidere se valga la pena passarci una notte o meno.Dal lato culturale, Shahrisabz è abbastanza povera, a parte un paio di vere chicche.All’ingresso della città, si rimane a bocca aperta di fronte a quello che rimane del palazzo di Amir Timur (Tamerlano), una delle porte alte quasi 40 metri.Un’altra volta, resto senza parole di fronte all’enormità delle costruzioni, soprattutto pensando che Ak Saray è solo una minima porzione di ciò che doveva essere la residenza reale.Tamerlano è stato uno degli ultimi condottieri mongoli ad aver regnato dall’Asia fino all’Europa e ad aver creato un impero che si estendeva dai confini orientali dell’Europa alla Cina, si stima anche che abbia regnato su circa il 25% della popolazione mondiale dell’epoca.Ancora oggi è considerato un simbolo da molti uzbeki e Shahrisabz è una meta turistica molto in voga per i local, che ci vanno in pellegrinaggio.Un altro piccolo complesso di monumenti che merita una visita è il Dorut Tilovat, che comprende una moschea e due mausolei, dove sono sepolti il padre di Tamerlano e il maestro del condottiero.Per il resto, la cittadina è composta da una grande area centrale dove la gente passeggia tra bar, ristorantini e aiuole di basilico profumatissime.

Al di fuori di quest’area, ci sono le case della gente e alcuni rimasugli di mura di Ak Saray, ormai ridotti a cumuli di terra e sabbia. Non è un granchè, è tutto molto artefatto e ricorda un po’ un lungomare ligure in mezzo al deserto, ma la sorpresa l’abbiamo avuta, quando, dopo 10 minuti di passeggiata, siamo state fermate da una famiglia di donne che volevano farsi una foto con noi. Siamo riuscite a capire che erano in vacanza e, a parte la stranezza del gesto, non ci abbiamo dato molto peso. Poco dopo però, altra gente ha iniziato a fermarci per farsi fotografare con noi e alla fine, un gruppetto di ragazzi è rimasto con noi fino all’ora di cena a spiegarci la storia delle poche rovine rimaste e a spiegarci cosa facevano. Siamo riuscite a capire che, venendo da paesini, non avevano quasi mai avuto a che fare con occidentali e quindi per loro era un incontro speciale. Per una volta non eravamo noi a fotografare loro, ma viceversa. Ci fermiamo per cena in un ristorantino, dove abbiamo gustato dei manti e una zuppa, sempre molto buoni, ma sempre con tonnellate di carne e grasso. Credetemi quando vi dico che io non guardo alla salubrità degli alimenti quando sono in giro, ma carne e grasso ad ogni pasto e con una temperatura sempre intorno ai 40°C, dopo un po’ ti debilita sul serio. Dopo cena, ci fermiamo nel bar vicino al nostro hotel per il classico the e incontriamo la prima famiglia di sole donne che ci aveva fotografate. Super eccitate, ci fanno accomodare al loro tavolo e ordinano subito del the per noi, cercano di fare conversazione, telefonano addirittura al marito per dirgli che erano lì con due italiane e me lo passano! Le parole che mi dice sono: Adriano Celentano, Ronaldo e Juventus (Ronaldo all’epoca era appena passato alla Juve). Io scoppio ovviamente a ridere e cerco di conversare con il mio scarno russo come potevo. Passiamo una piacevolissima serata e quando il barista sente che siamo italiane decide perfino di offrirci la consumazione. Sono cose che se me le raccontassero, come sto facendo io ora, stenterei a credere, ma che fanno capire perché questo viaggio mi sia rimasto così impresso. Gli uzbeki hanno questa ospitalità e generosità incredibile, sono curiosi verso il mondo, vogliono conoscere e vogliono farsi conoscere senza secondi fini, senza cattive intenzioni. Sono genuini.

La mattina dopo, ci svegliamo presto, facciamo colazione e chiediamo al ragazzino della reception come fare per andare a Samarcanda. Altra avventura! Camminiamo fino all’angolo delle mura e fermiamo al volo un minibus, che sono il mezzo più usato per coprire distanze breve. Ti metti sulla strada, alzi la mano per farlo fermare, salti su al volo cercando un posto (di solito sono veramente piccolissimi e affollati e noi avevamo anche lo zaino grande con noi), paghi l’equivalente circa di 10 centesimi a persona e dici all’autista dove vuoi andare. Ci godiamo il minibus che sfreccia per la città, carica e scarica velocissimamente un sacco di persone, finchè non arriva il nostro turno, per ultime, di arrivare alla stazione dei taxi collettivi, dove avremmo preso un mezzo per arrivare nella tanto attesa Samarcanda.


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