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La via della Seta da nord a sud e il Kyrgikstan. Tashkent e il benvenuto Kyrgizo a Tash Rabat.


Prendiamo lo stesso autista che ci aveva già portate fino a Shahrisabz per andare a Tashkent, circa 4 ore di viaggio. Finalmente un viaggio comodo, solo noi in macchina e senza i bagagli addosso. Per strada il tassista (purtroppo non mi ricordo come si chiamava!) cerca di spiegarci che la regione è famosa per le coltivazioni di cotone, ma non lo capiamo finchè non si ferma da un campo e ce lo fa vedere fisicamente. Prima volta nella vita che raccolgo un batuffolo di cotone candido direttamente dalla pianta!

Arrivate a Tashkent, andiamo subito all’hotel Uzbekistan, hotel 4 stelle famoso durante l’era sovietica e famoso oggi per la sua architettura e sfarzi interni, tutti soviet-style.Purtroppo, appena entriamo e chiediamo il costo di una stanza desistiamo perché era veramente alto, quindi cerchiamo qualcos'altro. Troviamo un posto dove stare e ci mettiamo d’accordo con i gestori per il trasferimento in aeroporto il giorno dopo. Usciamo a fare due passi per la città (non c’è molto da vedere) e cerchiamo un posto per la cena che ci sembrasse carino. Errore: scegliamo un piatto senza carne visto che non ne potevamo più.

La notte continuo a rigirarmi, fino a mettere un asciugamano sul pavimento e a trasferirmi lì, un po’ per la scomodità del materasso, un po’ per i crampi allo stomaco. Dopo una nottata di inferno, decido di passare la mattina in hotel, finchè non fosse giunta l’ora di andare in aeroporto, il taxi era prenotato per l’una. Laura va a farsi una passeggiata e io passo la mattinata tra febbre e crampi. Raccolgo le forze per preparare lo zaino, abbandono purtroppo il copriteiera regalato dalla famiglia di Ilvis a Samarcanda e, appena torna Laura, mi trascino nella hall. Arriviamo in aeroporto e l’unica idea che avevo in testa era che volevo tornare a casa. Arriviamo a Bishkek, dove ci aspetta l’autista. Per poter girare il Kyrgizistan, avevo chiesto preventivi a delle agenzie locali, perché da sole sarebbe stato difficilissimo vedere tutto ciò che volevamo. Le strade sono per lo più sterrate e i posti più belli sono molto difficili da raggiungere. Per questo, l’agenzia ti offre macchina, autista, eventualmente anche una guida che parli la tua lingua o almeno inglese e che non abbiamo preso, e ti prenota i pernottamenti. La cosa stupenda è che l’itinerario loro te lo suggeriscono, ma poi puoi personalizzarlo come vuoi, come abbiamo fatto noi. Saliamo in macchina e mi sforzo per fare quel minimo di conversazione in russo, nell’attesa di arrivare in hotel dove ci aspetta Ilona, la referente dell’agenzia. Gentilissima, parla un ottimo inglese e ci spiega come funzioneranno i giorni successivi. Ci facciamo anche cambiare al volo il pernottamento di quel giorno perché avremmo dovuto andare in un ostello, ma stavo veramente male e avevo bisogno di un minimo di comodità e del bagno a portata di mano. Paghiamo la differenza e andiamo in camera, mi butto nel letto e svengo.

La mattina dopo sarebbe venuto a prenderci Vitali con la “nostra” macchina.Per fortuna, la notte mi rimette a nuovo e la mattina dopo stavo benissimo.Io, perché a sto giro inizia a stare male Laura.Facciamo colazione e saliamo in macchina, un bel fuoristrada nuovo e spazioso.

Ci avviamo verso la prima tappa: Tash Rabat.Una tappa lungo la via della seta, situata al confine con la Cina, dove esiste ancora l’antichissimo caravanserraglio risalente al 15° secolo. Mi godo i paesaggi incredibili dal finestrino, mentre Laura, povera!, dorme drogata di farmaci.Arrivati a Tash Rabat, ci si apre davanti una valle incredibile, tagliata solo dalla strada sterrata su cui ci troviamo noi, le montagne sembrano cuscini morbidi, tutte rivestite di erba, in fondo alla valle vediamo il caravanserraglio in pietra e, poco più avanti, un piccolo agglomerato di yurte. Finalmente, un altro dei miei sogni che si avvera: dormire in una yurta. Il posto è incredibilmente bello.La yurta è tutta per noi, dentro c’è una stufetta che viene caricata la sera con le braci, due lettini con coperte e cuscini e i tappeti per terra.C’è poco e c’è tutto.Per lavarsi un “lavello” che viene ricaricato dall’alto con acqua e scarica in un secchio sotto.I bagni sono latrine, ma mantenuti costantemente puliti.C’è anche una casetta in muratura, dove dorme la famiglia e dove vengono serviti i pasti agli ospiti.Di fianco, un ruscelletto dall'acqua cristallina e fredda.

Poso lo zaino, Laura, povera!, si mette a dormire e io vado subito in esplorazione, risalendo il versante della montagna. Noto subito che siamo altissimi perché ad ogni passo in salita che faccio mi manca un po’ il fiato. Risalgo finchè riesco e poi mi siedo a contemplare. Sotto di me, il campo di yurte, la stradina sterrata, i cavalli, il ruscello e il caravanserraglio da cui prende nome il luogo. Rimango lì per un po’ a leggere e poi riscendo. Nel frattempo Laura si è per fortuna ripresa, andiamo a vedere il caravanserraglio da fuori, è aperto solo al mattino, e poi prenotiamo i cavalli per la mattina dopo.

Nel frattempo cala la sera e ci riuniamo nella casetta per la cena.Tutto delizioso: grano saraceno con lenticchie e pezzetti di carne, insalata di yogurt, cetrioli e cavolo e legumi.Tutto molto basic, ma buonissimo.Andiamo a dormire prestissimo, perché nella natura si segue il ritmo del sole.Appena cala la notte, la temperatura scende bruscamente e le poche luci alimentate dal generatore vengono spente.Ci sistemiamo nei sacchi a pelo, in sottofondo, il ruscello, il vento, qualche cane e i nitriti dei cavalli.La prima delle tre notti in cui credo di aver dormito meglio in tutta la mia vita.

Ci svegliamo presto e facciamo colazione. Anche questa, a base di cose deliziose: una specie di semolino dolce (che poi è diventata la mia colazione kyrgiza preferita), crepes con marmellate buonissime, pane fritto e altri dolcetti vari. Il tutto accompagnato da the nero. Finiamo la colazione, ci prepariamo e, finalmente, arriva il momento dei cavalli. Uno dei miei obiettivi del viaggio. Solo Laura, la guida ed io a risalire il ruscello in mezzo alla valle.

Meraviglia assoluta. Il giro è durato un paio d’ore e, al rientro, smontiamo e andiamo a visitare il caravanserraglio. E’ pazzesco pensare che i carovanieri arrivassero fino a qui nei primi secoli dopo l’anno mille e immaginarsi come potessero rifocillarsi e ristorarsi in un posto del genere.

Compriamo qualche souvenir fatto a mano con il feltro, ci prepariamo e ripartiamo per la prossima meta: Son Kol.

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